ADHD: Cos’è, cosa fare

Definizione del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)

L’acronimo ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, è utilizzato per indicare specifiche problematiche che caratterizzano il comportamento di alcuni bambini. I sintomi più evidenti, per comprendere cos’è l’ADHD, riguardano la difficoltà a mantenere l’attenzione su un compito, l’agire d’impulso e “il bisogno” di muoversi continuamente. 

Acronimo ADHD

La più recente descrizione del disturbo da deficit di attenzione e iperattività la possiamo trovare nel DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pubblicato dall’American Psychiatric Association nel 2013. Il DSM, fino dalla sua prima pubblicazione, è considerato dai clinici il principale punto di riferimento per orientarsi nel processo di diagnosi.

I sintomi relativi all’ADHD che il manuale descrive, sono suddivisi in due aree: quella della disattenzione e quella dell’iperattività/impulsività.

Di seguito si riportano i sintomi relativi alla disattenzione:

  1. Il bambino spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici;
  2. Ha spesso difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco;
  3. Spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
  4. Di solito non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici;
  5. Presenta difficoltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività;
  6. Evita di impegnarsi nei compiti che richiedono sforzo mentale prolungato;
  7. Di frequente perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività;
  8. Spesso è facilmente distratto da stimoli estranei;
  9. Spesso è sbadato nelle attività quotidiane.

I sintomi relativi all’iperattività/impulsività sono i seguenti:

  1. Il bambino muove con irrequietezza mani o piedi o si dimena sulla sedia;
  2. Spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti seduto;
  3. Di frequente scorrazza e salta in modo eccessivo;
  4. Spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
  5. È spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse motorizzato;
  6. Solitamente parla troppo;
  7. Di solito “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;
  8. Spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;
  9. Frequentemente interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti.
Iperattività

Nel caso in cui il bambino presenti sintomi in entrambe le aree, disattenzione e iperattività, il disturbo è detto “ADHD di tipo combinato”. Nel caso in cui prevalgano sintomi solo in una delle due aree, si avrà un disturbo “ADHD con disattenzione predominante” o “ADHD con iperattività/impulsività predominante”.

Normalità, difficoltà e disturbo

Importante sottolineare che molti sintomi sopra riportati nell’area dell’attenzione e dell’iperattività, sono comuni a tanti bambini che tuttavia non rientrano nel disturbo ADHD. La differenza che caratterizza il comportamento di bambini ADHD da quello dei coetanei è l’intensità e la frequenza dei comportamenti. Possiamo dire quindi, che le modalità di comportamento che caratterizzano l’ADHD sono l’esagerazione di comportamenti presenti normalmente in bambini e adolescenti.

Il bambino con ADHD

In termine più tecnico, l’ADHD è un disturbo dell’autoregolazione cognitiva e comportamentale e rientra nei disturbi del Neurosviluppo. I problemi di comportamento descritti nel DSM-5 possono manifestarsi in forme diverse a seconda dell’età del soggetto. Queste caratteristiche comportamentali condizionano negativamente l’apprendimento scolastico e ostacolano il rapporto con gli altri nei diversi contesti di vita: in famiglia, a scuola, durante le attività sportive, ludiche, ecc.

L’intensità e la frequenza dei comportamenti problema compromettono quindi l’adattamento quotidiano del bambino che si ritrova così ad essere rimproverato continuamente dall’adulto e escluso dal gruppo dei pari durante i momenti di gioco.

Di conseguenza, il bambino con ADHD spesso compromette una buona riuscita scolastica e la possibilità di costruirsi delle relazioni sociali. Spesso causa tensione nella classe, crea frequenti conflitti in famiglia nel rapporto con i genitori e/o fratelli, gestisce con difficoltà gli impegni quotidiani.

Pertanto le difficoltà di apprendimento e relazionali devono essere limitate attraverso l’identificazione precoce dei bambini con problemi di autoregolazione, al fine di strutturare interventi educativi tempestivi ed efficaci.

Le cause dell’ADHD

Numerosi studi hanno messo in evidenza “alterazioni” a livello strutturale e funzionale del cervello di soggetti con diagnosi di ADHD. Tuttavia l’ipotesi più accreditata è che il disturbo abbia un’origine multipla e sia causato da diversi fattori sia organici che ambientali.

Vediamoli nel dettaglio:

  • Fattori neurobiologici. Molte ricerche hanno indagato l’aspetto relativo alla localizzazione cerebrale del disturbo. Da questi studi è emerso che le aree responsabili siano riconducibili al lobo frontale. È stato evidenziato che la corteccia frontale risulta meno estesa nei bambini con ADHD. La corteccia prefrontale destra nello specifico è coinvolta nella regolazione del comportamento, nella resistenza alle distrazioni e nello sviluppo della consapevolezza di sé e del tempo. I ricercatori che invece hanno focalizzato i loro studi sull’attività biochimica di soggetti con ADHD ed hanno riscontrato un livello inferiore di dopamina in alcune delle loro aree cerebrali. La dopamina è il neurotrasmettitore responsabile dell’abilità di concentrazione.
  • Fattori ambientali. Altre ricerche hanno messo in evidenza alcune variabili contestuali che solitamente sono presenti nelle famiglie di bambini con ADHD. Tra queste troviamo modalità educative troppo permissive o al contrario troppo rigide, basso livello di autoefficacia percepita dai genitori nella gestione del figlio, elevati livelli di stress nel nucleo familiare, rapporto conflittuale tra mamma e papà. Tuttavia bisogna domandarsi se siano i sintomi del bambino con ADHD a dare origine a dinamiche familiari disfunzionali o se invece sia il contesto familiare inadeguato a favorire la comparsa di sintomi legati all’ADHD.
  • Fattori ereditari. Altre ricerche hanno indagato la possibilità che concorrano fattori ereditari nell’insorgenza del disturbo. Genitori che da bambini hanno ricevuto una diagnosi di ADHD hanno molte più probabilità di avere figli con ADHD. Alcuni studi fatti su gemelli adottati da famiglie diverse, hanno evidenziato un’alta correlazione nello sviluppo del disturbo ADHD da parte di questi bambini. Sembrerebbe quindi che il contesto familiare non sia determinante come dimostra invece la trasmissione genetica.

In sintesi

Per chiarire le cause dell’ADHD riporto un estratto delle affermazioni di R.A. Barkley, uno dei maggiori esperti di ADHD: “Si è visto che l’ADHD è un disturbo biologico dovuto ad una varietà di cause neurologiche. I fattori ereditari sembrano giocare un ruolo importante nell’insorgenza dei sintomi ADHD. [….] Al contrario esistono scarse prove a sostegno del fatto che l’ADHD possa dipendere da fattori sociali ed ambientali quali povertà, caos familiare, dieta o carenza di cure genitoriali del bambino”

Cosa fare

Come per tutti i disturbi e più in generale, le problematiche che riguardano i bambini, è importante una diagnosi precoce e un intervento specifico e personalizzato che possa ridimensionare le difficoltà del bambino.

Il primo passo quindi è una diagnosi fatta da uno specialista esperto in ADHD (Neuropsichiatra o Psicologo) attraverso il colloquio con i genitori, l’osservazione del bambino, la somministrazione di test e di questionari agli insegnanti.

La valutazione del bambino all’interno dello studio dello specialista non è sufficiente per fare una diagnosi; bisogna basarsi anche e soprattutto su indici relativi a come questi bambini si comportano negli ambienti quotidiani.

Di conseguenza, è importante una raccolta di dati per avere una descrizione dettagliata dei comportamenti del bambino in tutti i suoi contesti di vita.

Il secondo passo sarà la presa in carico del bambino e della famiglia da parte dello specialista. Le informazioni raccolte dell’esperto serviranno infatti per impostare un progetto terapeutico personalizzato su quelli che sono le caratteristiche del bambino.

L’intervento deve essere centrato su tre ambiti:

  1. Terapia individuale o in piccolo gruppo (1-2 volte a settimana) con il bambino per un training strutturato al fine di migliorare l’autoregolazione emotivo-comportamentale e ampliare i tempi di attenzione;
  2. Sedute periodiche di parent-training (una volta al mese) con i genitori del bambino per suggerire e condividere strategie che possano ridurre i comportamenti disfunzionali del bambino a casa;
  3. Incontri di teacher-training (una volta ogni 3-4 mesi) con gli insegnanti del bambino per suggerire e condividere strategie che possano ridurre i comportamenti disfunzionali del bambino a scuola.

Bibliografia

I genitori che volessero approfondire l’argomento, capire meglio cos’è l’ADHD e avere consigli pratici da adottare con i propri figli che presentano problemi di autoregolazione, possono consultare i seguenti libri:

Daffi G. e Prandolini C. (2013), ADHD e compiti a casa: strumenti e strategie per bambini con difficoltà di pianificazione, di organizzazione e fragilità di attenzione, Trento, Erickson.

Di Pietro M. e Dacomo M. (2009), Largo arrivo io! Manuale di autoaiuto per i bambini iperattivi e i loro genitori, Trento, Erickson.

Kutscher M.L. (2010), Mio figlio è senza freni. Guida di sopravvivenza per genitori di bambini iperattivi, Trento, Erickson.

Vio C., Marzocchi G.M. e Offredi F. (1999), Il bambino con deficit di attenzione/iperattività: diagnosi psicologica e formazione dei genitori, Trento, Erickson.

Per consultare il sito dell’Associazione italiana ADHD clicca qui.

Dott. Claudio Granata, Psicologo a Latina Psicoterapeuta.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.